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Il volume, incentrato sull'attività musicale bolognese nei primi decenni del Seicento, cerca di rispondere ad alcuni quesiti fondamentali: fino a che punto le fonti documentarie possono aiutarci a comprendere e ricostruire la prassi musicale adottata dalle grandi istituzioni di Bologna?; in che modo gli strumenti a fiato, a pizzico e ad arco influirono sulle loro routine musicali?; infine, in che modo i musicisti come Adriano Banchieri, Andrea Rota, Girolamo Giacobbi ed Ercole Porta riuscirono a coniugare le esigenze pratiche delle proprie istituzioni di appartenenza con l'attività compositiva e a far interagire i repertori vocali, semplicemente polifonici o policorali, con l'uso degli strumenti? Lo studio incrociato delle fonti d'archivio e delle raccolte a stampa offre un quadro molto articolato in cui gli strumenti a fiato assumono un ruolo egemone sulla prassi strumentale delle grandi istituzioni, controbilanciati dalla graduale attenzione attribuita anche ai violini nelle realtà musicali più periferiche.